A SPASSO NEL TEMPO ....... UN PO' DI MITOLOGICA

Il mito di Adone



Adone, era figlio di Cinira, re di Cipro e sacerdote di Afrodite, e di sua figlia Mirra che, per sfuggire al suo crudele destino di amore passionale per il padre, aveva ottenuto dagli dèi di essere mutata nell'albero della mirra, la pianta araba che stilla lacrime di resina, di un amaro profumo. In primavera, da un albero che si aprì nacque dunque Adone. Afrodite prese il bambino appena nato e teneramente lo amò, e poi lo affidò a Persefone, la regina dell'Erebo, perché lo allevasse. Quando Adone divenne bellissimo adolescente, Afrodite si recò nell'Erebo per riaverlo ma anche Persefone si era affezionata a lui e non volle restituirlo, Zeus allora decise che Adone passasse metà dell'anno nell'Erebo con Persefone e l'altra metà sulla Terra con Afrodite. Un giorno di fine estate, mentre l'avvenente giovane stava sulla Terra a caccia un cinghiale infuriato lo assalì e lo uccise. Afrodite pianse Adone e la sua bella gioventù sfiorita e dalle sue lacrime nacque l'anemone. Il significato di questo mito è chiaro, Adone è la natura che si risveglia in primavera e muore in estate.

William Shakespeare, Venere corteggia Adone

“Non stancherò le tue labbra saziandole:

le renderà più avide l'eccesso,

io le farò arrossire e impallidire

in modi sempre nuovi; dieci baci

saranno un bacio, un solo bacio venti.”

 

 Venere e Adone - Il mito


Un successo universale e sempreverde è quello della storia di Venere e Adone, riportata nel X libro delle “Metamorfosi” di Ovidio.
Adone, nato dalla corteccia della madre Mirra trasformata in arbusto, diventa un giovano di rara bellezza, appassionato di caccia. Per errore, Amore ferisce la dea Venere con una freccia, e Venere si innamora teneramente e appassionatamente del di Adone. Per Adone, comunque, la passione per la caccia è più forte di quella per la dea: nonostante gli abbracci, le carezze e gli avvertimenti di Venere, il giovane parte per una battuta di caccia al cinghiale, che, infuriato per una ferita, azzanna Adone provocandogli una mortale ferita all’inguine. Venere accorre, ma è troppo tardi, così non le resta che trasformare il sangue dell’amato esanime nei rossi fiori dell’anemone, una delle frequenti metamorfosi botaniche della mitologia.


INCONTRO CON L'OPERA: L'ADONE

L'Adone
Libro di Giovan Battista Marino
L'Adone è un poema di Giovan Battista Marino, pubblicato per la prima volta a Parigi nel 1623 presso Oliviero di Varennes. Wikipedia

Prima pubblicazione1623

AutoreGiovan Battista Marino

L'ADONE

Questo riassunto dell'Adone di Giovan Battista Marino non può che partire da una considerazione elementare: il poema forse va considerato come il frutto più rappresentativo della letteratura barocca in Italia. Venne pubblicato nel 1623 dopo che l'autore vi lavorò per venticinque anni. Conoscere la trama e la struttura dell'opera può aiutare a comprendere meglio quest'epoca.
Complessivamente si tratta di un poema epico formato da più di 40.000 endecasillabi, divisi in più di 5000 ottave e venti canti (tanti quanti quelli della Gerusalemme liberata di Torquato Tasso), anche se il poeta cerca quanto più possibile di staccarsi dal modello dell'epica tradizionale, il che costituisce una caratteristica propria della sua epoca; il Barocco, infatti, cerca non solo di sorprendere il lettore, ma anche di applicarsi nella commistione dei generi, tanto che in arte la manifestazione più compiuta è rappresentata dal "bel composto", ossia dal misto di scultura, pittura e architettura che si può notare ad esempio nell'Estasi di Santa Teresa o nella tomba di Alessandro VI.
Nel nostro caso, Adone non è un eroe epico, ma piuttosto una creatura dedita a godimento delle sensazioni temporanee e passeggere; inoltre, la storia non tratta di eventi bellici, come invece accadeva nella tradizione omerica. 

Analisi e commento dell'Adone

La trama riguarda la favola mitologica di Adone e Venere: Venere si innamora del bellissimo Adone, ma tale sentimento induce la gelosia del dio Marte, che lo fa assalire da un cinghiale provocandone ferite mortali. L'esilità della storia costituisce solo un pretesto: si pensi infatti che il poeta latino Ovidio la racconta in poco più di settanta versi, mentre l'Adone è il poema più ampio della letteratura italiana

Lo scopo di Marino è un altro: costruire una sorta di enciclopedia di tutto ciò che  è conosciuto, rappresentando l'intero Cosmo attraverso la parola nel suo continuo movimento. Sono presenti tutta una serie di narrazioni secondarie e parallele, che confluiscono in ampie digressioni; esse sono talmente lunghe che finiscono per far perdere il filo logico della narrazione. A volte la stessa scena è ripetuta e replicata più volte, attraverso la variazione, per mettere in luce il virtuosismo del poeta. 

Si può anche parlare di divagazione; un esempio è costituito, nel finale, dal matrimonio, benedetto dalla dea, tra Fiammadoro e Austria, ossia tra Francia e Spagna. L'idillio dell'esperienza amorosa ed erotica domina completamente la scena e diviene il senso ultimo della narrazione; del resto lo spazio è finto, artificiale, anche se la scena è ambientata a Cipro, e non sembra esistere nient'altro al di fuori del grande giardino dell'isola.

Unico elemento di coesione del testo è costituito dal narratore, che è poi l'autore stesso, il quale descrive ed evoca una realtà ricca e preziosa, in cui l'appagamento dei sensi è la sola cosa importante. È stato anche detto che il vero protagonista dell'opera è il linguaggio, ricco di metafore e suggestioni, abbandonato con grazia al concettismo più minuzioso. 

Famosa è la seguente ottava in cui il narratore si rivolge alla rosa, che con una spina ha punto il piede della dea Venere; in essa, infatti, si ritrovano tutti gli elementi elencati:

"Rosa riso d'Amor, del Ciel fattura,
Rosa del sangue mio fatta vermiglia,
pregio del mondo, e fregio di Natura,
de la Terra e del Sol vergine figlia,
d'ogni Ninfa e Pastor delizia e cura,
onor de l'odorifera famiglia,
tu tien d'ogni beltà le palme prime,
sovra il vulgo de' fior Donna sublime".

PER IL TESTO COMPLETO E GLI ESERCIZI VAI AL DOWNLOAD

"non si può insegnare niente a un uomo, si può solo aiutarlo a trovare le risposte “

Galileo Galilei

Padre della scienza moderna, Galileo Galilei è il gigantesco pensatore grazie al quale si diffuse un nuovo modo di fare scienza, fondato su un metodo solido non più basato sull'osservazione diretta della natura, bensì sull'utilizzazione degli strumenti scientifici.


  • Cinque scoperte epocali .


  • Le scoperte astronomiche Un telescopio per smentire Aristotele
  • L’isocronismo del pendolo Capire tutto osservando un lampadario
  • Il peso specifico La costruzione della bilancia idrostatica
  • Il peso dell’aria Aprendo la strada a Torricelli
  • Il principio d’inerzia Lo studio dei moti e dei gravi

 

E ANCORA............. STRUMENTI E INVENZIONI

Caduta dei gravi | Corpi galleggianti | Applicazione del pendolo all'orologio | Calamite | Cannocchiale | Compassi | 

Discesa brachistocrona | Giovilabio| Lente obiettiva | Macchina per innalzare l' acqua | Piano Inclinato | Termoscopio

 

L’importanza di essere uno scienziato

Nella storia della scienza Galileo Galilei occupa una posizione eccezionale per i risultati ottenuti in meccanica e astronomia; suo merito fu inoltre l’aver gettato le basi della dinamica, enunciando in forma moderna il principio di inerzia, quello della composizione dei movimenti, spello della relatività delle velocità, rispetto a osservatori in moto uniforme e stabilendo per primo con chiarezza che l’effetto dell’applicazione di una forza è un’accelerazione (e non una velocità, come si riteneva ancora ai tempi suoi).

L’importanza di Galileo Galilei nella storia del pensiero è dovuta però soprattutto all’innovazione del metodo della ricerca; pur non avendo mai discusso sistematicamente il problema metodologico, egli più volte descrisse nelle sue opere un modo di procedere, sintesi di analisi sperimentale e di trattazione matematica, che è divenuto da allora il metodo della scienza moderna. Tale processo può essere schematizzato in quattro fasi, anche se la ricchezza dell’indagine galileiana non sempre è contenibile in termini così rigidi:

  1. il primo momento consiste nella raccolta dei dati sui fenomeni (la sensata esperienza)
  2. cui segue la formulazione di un’ipotesi interpretativa (assioma) come legge matematica che abbracci nel modo più semplice e generale possibile le informazioni dell’esperienza;
  3. quindi, attraverso un terzo passo (il progresso matematico), si deducono le conseguenze logiche dell’ipotesi;
  4. poiché però «i discorsi nostri hanno ad essere intorno al mondo sensibile, e non sopra un mondo di carta», occorre la verifica sperimentale (cimento) che sola può convalidare la teoria.

L’indagine di Galileo Galilei utilizza quindi la matematica come metodo, ma desume dall’esperienza il valore di verità degli asserti: proprio in questo carattere di verifica diretta risiede l’elemento di rottura di tutta l’opera dello scienziato rispetto alla tradizione. Nelle sue polemiche, spesso anche aspre, con gli aristotelici, egli poté rivendicare a sé di essere il vero seguace di Aristotele poiché le asserzioni del filosofo greco si rifacevano all’esperienza e non a un principio di autorità; e sullo stesso piano quelle asserzioni potevano essere confutate quando nuove esperienze e più potenti strumenti di osservazione avessero mutato le informazioni sui fenomeni. In questo modo Galileo Galilei fondò la moderna scienza della natura come disciplina autonoma, indipendente dalla religione o dalla filosofia, che solo nell’indagine diretta degli eventi trova le sue verità.


Galileo disse davvero: "Eppur si muove"?


Si dice che la frase sia stata pronunciata da Galileo Galilei uscendo dal tribunale dell’Inquisizione nel 1633. Costretto all’abiura delle sue teorie astronomiche (aveva sostenuto, come già il collega Copernico, che fosse la Terra a ruotare intorno al Sole e non il contrario), Galileo avrebbe detto ai giudici: “Con cuor sincero e fede non finta, abiuro, maledico e detesto li suddetti errori et heresie”. Aggiungendo però, nell’atto di andarsene: “Eppur si muove”, riferendosi alla Terra. In realtà, la frase gli fu attribuita più tardi, dallo scrittore Giuseppe Baretti. Fu lui a ricostruire così la vicenda nel 1757, in un’antologia scritta in difesa dello scienziato.

La Chiesa è stata più volte accusata di opporsi al progresso scientifico è il caso più emblematico è quello di Galileo Galilei. In realtà la Chiesa ha sempre avuto un atteggiamento aperto nei confronti della scienza. Anche nel caso di Galileo, pur avendo preso un gravissimo abbaglio (al punto che nel 1992 papa Giovanni Paolo II ha riabilitato ufficialmente lo scienziato pisano), la condanna dell’Inquisizione venne più per l’atteggiamento presuntuoso di Galileo e per aver tradito la fiducia dell’allora pontefice Urbano VIII (di cui era amico) che per il suo sostegno all’eliocentrismo, che semplicemente la Chiesa non riteneva sufficientemente provato. Insomma, pur con qualche contrasto, è proprio in seno alla Chiesa che è nata la scienza moderna. Lo stesso Copernico era un religioso.

 

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DIALOGO SOPRA I DUE MASSIMI SISTEMI DEL MONDO

Dedica

Serenissimo Gran Duca, la differenza che è tra gli uomini e gli altri animali, per grandissima che ella sia, chi dicesse poter darsi poco dissimile tra gli stessi uomini, forse non parlerebbe fuor di ragione. Qual proporzione ha da uno a mille? e pure è proverbio vulgato, che un solo uomo vaglia per mille, dove mille non vagliano per un solo. Tal differenza depende dalle abilità diverse degl'intelletti, il che io riduco all'essere o non esser filosofo: poiché la filosofia, come alimento proprio di quelli, chi può nutrirsene, il separa in effetto dal comune esser del volgo, in piú e men degno grado, come che sia vario tal nutrimento. Chi mira piú alto, si differenzia piú altamente; e 'l volgersi al gran libro della natura, che è 'l proprio oggetto della filosofia, è il modo per alzar gli occhi: nel qual libro, benché tutto quel che si legge, come fattura d'Artefice onnipotente, sia per ciò proporzionatissimo, quello nientedimeno è piú spedito e piú degno, ove maggiore, al nostro vedere, apparisce l'opera e l'artifizio. La costituzione dell'universo, tra i naturali apprensibili, per mio credere, può mettersi nel primo luogo: che se quella, come universal contenente, in grandezza tutt'altri avanza, come regola e mantenimento di tutto debbe anche avanzarli di nobiltà. Però, se a niuno toccò mai in eccesso differenziarsi nell'intelletto sopra gli altri uomini, Tolomeo e 'l Copernico furon quelli che sí altamente lessero s'affisarono e filosofarono nella mondana costituzione. Intorno all'opere de i quali rigirandosi principalmente questi miei Dialoghi, non pareva doversi quei dedicare ad altri che a Vostra Altezza; perché posandosi la lor dottrina su questi due, ch'io stimo i maggiori ingegni che in simili speculazioni ci abbian lasciate loro opere, per non far discapito di maggioranza, conveniva appoggiarli al favore di Quello appo di me il maggiore, onde possan ricevere e gloria e patrocinio. E se quei due hanno dato tanto lume al mio intendere, che questa mia opera può dirsi loro in gran parte, ben potrà anche dirsi di Vostr'Altezza, per la cui liberal magnificenza non solo mi s'è dato ozio e quiete da potere scrivere, ma per mezzo di suo efficace aiuto, non mai stancatosi in onorarmi, s'è in ultimo data in luce. Accettila dunque l'Altezza Vostra con la sua solita benignità; e se ci troverrà cosa alcuna onde gli amatori del vero possan trar frutto di maggior cognizione e di giovamento, riconoscala come propria di sé medesima, avvezza tanto a giovare, che però nel suo felice dominio non ha niuno che dell'universali angustie, che son nel mondo, ne senta alcuna che lo disturbi. Con che pregandole prosperità, per crescer sempre in questa sua pia e magnanima usanza, le fo umilissima reverenza.

 Dell'Altezza Vostra Serenissima

Umilissimo e devotissimo servo e vassallo

GALILEO GALILEI


Introduzione

Il Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo (1632) è un trattato scientifico in forma dialogo diGalileo Galilei (1564-1642) a sostegno della teoria eliocentrica copernicana rispetto al modello geocentrico tolemaico appoggiato all’auctoritas di Aristotele e della filosofia scolastica. L’opera di Galileo verrà messa all’Indice nel 1633 e l’autore costretto ad abiurare le proprie tesi.

Temi e contenuti

Il Dialogo si innesta nel più ampio processo di smantellamento della cosmologia aristotelico-tolemaicache anticipa la rivoluzione scientifica a cavallo tra Seicento e Settecento, culminando poi nella filosofia dell’Illuminismo. Il dialogo si pone del resto al culmine del percorso di ricerca galileiano, che va dal Sidereus Nuncius (1610) al Saggiatore (1623), passando per le Lettere Copernicane. In accordo con i principi del metodo sperimentale e fondando le proprie argomentazioni sulle osservazioni concrete condotte con l’uso del cannocchiale, Galilei focalizza l’attenzione sulla questione delle maree, sostenendo la tesi - al giorno d’oggi, rivelatasi errata - che esse sarebbero il risultato della rotazione della Terra (e quindi, come prova decisiva a sostegno del sistema eliocentrico).

Tuttavia, per ottenere l’imprimatur ecclesiastico e per scansare le polemiche in ambito aristotelico e religioso (in particolar modo, tra i Gesuiti) sorte nel 1624 con Il Saggiatore, Galilei opta per modificare il titolo originario Dialogo sopra il flusso e il reflusso delle maree e appunto per la struttura dialogica, in cui, in modo apparentemente neutrale, i diversi personaggi presentano le due tesi e le prove a supporto. Da questo “dialogo”, protrattosi nella finzione dell’opera per quattro giorni, emerge la bontà delle tesi galileiane. L’ambientazione è quella del palazzo di Giovanni Francesco Sagredo (1571-1620).

personaggi del Dialogo sono: 

  • Giovanni Sagredo, nobiluomo veneziano amico personale di Galileo e gran appassionato di scienze, che è ipoteticamente è super partes, incarnando l’uomo di cultura che è naturalmente predisposto al dialogo culturale e all’apertura mentale. In questo senso, ben presto Sagredo propende per le assennate dimostrazioni a favore del copernicanesimo piuttosto che per le infondate tesi aristoteliche a base del geocentrismo.
  • Filippo Salviati (1571-1620), astronomo e nobile fiorentino, è aperto sostenitore della teoria eliocentrica; egli contesta il principio d’autorità cui si appella Simplicio ed illustra a Sagredo, in modo chiaro e comprensibile, i fondamenti scientifici del modello copernicano. Spesso Salviati si appella allo stesso Galileo, celato dietro il nome di “Accademico Linceo”, per comprovare le proprie affermazioni.
  • Simplicio, sostenitore dell’aristotelismo (il suo nome sarebbe quello di Simplicio di Cilicia, un commentatore di Aristotele del VI secolo d.C.) e delle teorie geocentriche. Simplicio - nel cui nome è presente una sfumatura ironica, tanto che alcuni critici ne hanno paragonato la caratterizzazione a quella di Calandrino nel Decameron - è l’emblema dello scienziato-filosofo rinascimentale, ancora legato al principio d’autorità e al rispetto deferente della filosofia scolastica, anche quando questa sia in evidente conflitto con i dati empirici. Nei confronti di Simplicio e del suo dogmatismo fine a se stesso il narratore del Dialogo oscilla tra l’ironia (come quando Simplicio viene bloccato dalla bassa marea) e una certa evoluzione, che lo porta talvolta a ragionare in maniera meno rigida ed ortodossa.

Anche le scelte stilistico-linguistiche del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo contribuiscono al progetto galileiano di divulgazione delle tesi eliocentriche e di un metodo più “moderno” di affrontare la scienza e il mondo. Galileo scegli infatti il volgare come strumento per dialogare con il pubblico più ampio possibile, e non solo con la cerchia dei dotti che conoscono il latino. Al tempo stesso, lo stile limpido e chiaro, più attento a spiegare esattamente i concetti che ad abbellire retoricamente la pagina, si allontana dalla maniera affettata della prosa barocca per scegliere una lingua comunicativa ed efficace. L’autore privilegia così la scorrevolezza sintattica e la precisione del lessico, settore della lingua in cui il Dialogo ha avuto il ruolo fondamentale di introdurre una moderna terminologia scientifica.

Riassunto

La prima giornata si apre con la negazione, per voce di Salviati, della distinzione tra mondo celeste e mondo terrestre, cioè uno dei capisaldi della fisica aristotelica, e con la contestazione della perfezione del mondo, collegata al numero tre (secondo una tesi diffusa anche tra i pitagorici). Fondandosi sulle osservazioni col cannocchiale, che hanno mostrato l’irregolarità della superficie della Luna, e sulla scoperta di nuove stelle nella volta celeste, Salviati confuta anche la teoria sulla perfezione e l’incorruttibilità dei pianeti. Simplicio ribadisce il principio d’autorità e la validità dell’ipse dixit.

Nella seconda giornata, dopo le critiche rivolte a Simplicio, vengono confutate le teorie a favore della staticità della terra e viene riproposta la questione della caduta dei gravi. In entrambi i casi, Salviati fa riferimento al al principio della relatività galileiana, ovvero quel principio secondo cui, in un sistema chiuso (come quello dell’uomo sulla terra) non è possibile capire, osservando le esperienze meccaniche che vi avvengono all’interno, se i suoi enti siano in quiete o in moto.

Nella terza giornata, dopo che Simplicio è stato attardato da una bassa marea in laguna, Salviati dimostra la rotazione terrestre e sostiene che solo grazie alla teoria copernicana è possibile dare la spiegazione di quei fenomeni fino ad allora rimasti insoluti o, in alcuni casi, risolti con inutili complicanze. Si discute poi, sempre sulla falsariga delle argomentazioni galileiane in altre opere, sulla natura delle macchie solari e sull’apparizione di nuove stelle nel firmamento.

La quarta giornata tratta il problema delle maree, collegato secondo Galileo ai moti di rotazione e rivoluzione del globo terrestre e da lui posto (seppur erroneamente) alla base del sistema di prove a favore dell’eliocentrismo copernicano.

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LA SCIENZA DI GALILEO? SCONTRO TRA TEORIE.

Niccolò Copernico

Astronomo

Mikołaj Kopernik fu un astronomo polacco famoso per aver portato all'affermazione della teoria eliocentrica. Fu anche un ecclesiastico, un giurista, un governatore, un astrologo e un medico. 

Data di nascita19 febbraio 1473, Toruń, Polonia

Data di morte24 maggio 1543, Frombork, Polonia

Luogo di sepolturaBasilica di Frombork

InfluenzeClaudio TolomeoAristoteleNasir al-Din al-Tusi

StudiUniversità degli Studi di Padova (1501–1503)

 

La teoria copernicana è la descrizione matematica del moto dei corpi celesti che Niccolò Copernico introdusse nella prima metà del XVI secolo. Si tratta di un sistema[1]eliocentrico: «E in mezzo a tutto sta il Sole».[2] La Terra risulta soggetta a diversi movimenti tra i quali, analogamente agli altri pianeti, quello di rivoluzione[3] attorno al Sole e dirotazione[4] sul proprio asse. Il suo unico libro a stampa sull'argomento, De revolutionibus orbium coelestium (Delle rivoluzioni dei corpi celesti), fu pubblicato nel 1543, pochi giorni prima della morte dell'autore. La sua divulgazione segnò l'inizio d'un processo di radicali mutamenti della conoscenza, oggi noto come "rivoluzione scientifica".

La teoria copernicana contraddiceva il modello geocentrico adottato per tutto il medioevo e ampiamente accettato fino alla fine del XVI secolo, che combinava il sistema cosmologico d'Aristotele con quello astronomico di Tolomeo. Il sistema copernicano riprendeva invece l'ipotesi eliocentrica proposta nel III secolo a.C. da Aristarco di Samo. L'idea di Copernico venne, col tempo, recepita come teoria dell'effettiva costituzione del sistema solare, rovesciando sia la visione fisico/astronomica (geocentrica), sia la concezione filosofico/teologica (antropocentrica) della tradizione medievale. Per questa ragione, a seguito di un accostamento proposto per primo dal filosofo Immanuel Kant, il termine "rivoluzione copernicana" è stato successivamente usato, in senso lato, anche per designare analoghi processi di capovolgimento dei paradigmi fondamentali che si sono verificati, in momenti storici diversi, in altre discipline scientifiche o filosofiche.

La teoria di Niccolò Copernico si basava su alcune ipotesi principali:

1.     Il Sole sta immobile vicino al centro del sistema solare e dell'universo.[20]

2.     Tutti i pianeti ruotano intorno al Sole (più precisamente, attorno al centro dell'orbita terrestre, che è il centro del sistema solare e dell'universo).[21]

3.     Le orbite di tutti pianeti e della Luna sono circolari.

4.     Il moto di ciascun pianeta e della Luna avviene con velocità angolare costante, ma diversa da un astro all'altro.[22]

5.     Il centro della Terra non è il centro dell'universo, ma solamente dell'orbita della Luna.

6.     La Terra, decentrata analogamente agli altri pianeti del sistema solare, ha un moto di rivoluzione annuale intorno al Sole (meglio: attorno al centro della propria orbita).[23]

7.     La Terra ha inoltre un moto di rotazione giornaliera da Ovest a Est attorno al proprio asse.[24]

8.     L'asse terrestre risulta inclinato rispetto alla perpendicolare al piano orbitale terrestre.[25]

9.     Alla Terra viene infine attribuito un terzo moto (in realtà fittizio), di declinazione.[26]

10.La volta celeste è immutabile, caratterizzata da stelle costanti per luminosità, numerosità e dislocazione (fisse).

11.L'universo ha dimensioni finite, ed è delimitato della sfera delle stelle fisse.

 

 

SISTEMA ARISTOTELICO- TOLEMAICO

 

Secondo il sistema aristotelico-tolemaico, la Terra era ferma al centro di un universo sferico, i cieli erano strati fisicamente solidi e tra l'uno e l'altro erano incastonati i pianeti. L'ultima sfera era detta delle stelle fisse e costituiva il limite oltre al quale nulla esisteva se non Dio, nella versione aristotelica del motore immobile che forniva il movimento alle sfere. La Terra, immobile, era costituita dai quattro elementi, aria, fuoco, terra ed acqua, mentre le sfere erano costituite da un materiale perfetto e incorruttibile.  Il sistema Tolemaico era accettato dalla Chiesa in quanto permetteva di salvaguardare la centralità dell'uomo: l'uomo era al centro dell'universo, la sua dimora terrestre il crogiolo della vita avvolto dalle sfere celesti. La versione tolemaica non si trovava in disaccordo con le Sacre Scritture. 

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  1. QUALI SONO LE TEORIE PROPOSTE E CHI SONO GLI AUTORI?
  2. NELLE SUE TEORIE, GALILEO A CHI SI RIFA'?
  3. QUAL ERA LA TEORIA COPERNICO?
  4. QUAL ERA LA POSIZIONE DELLA CHIESA DEL TEMPO?