IL DECADENTISMO (schema concettuale)

L’ORIGINE DEL TERMINE

¨       1883: Verlaine (“Io sono l’impero alla fine della decadenza”)

¨       1886: “Le decadent” (Rimbaud, Verlaine, Mallarmé: les poetes maudits)

¨       Manifesti: 1884 “A rebours” (Huysmans)

                       1889 “Il piacere” (D’Annunzio)

                       1890 “Il ritratto di Dorian Gray (Wilde)

LA VISIONE DEL MONDO DECADENTE

¨         Stravolgimento dei principi su cui la borghesia aveva basato la conquista del proprio potere politico ed economico:

-          da libera concorrenza (individuo energico e creatore) a sviluppo dei monopoli (giganteschi apparati impersonali)

-          da uguaglianza di diritto a disuguaglianza di fatto

-          da fratellanza umana a sfruttamento coloniale

-          da libertà politica a repressione antioperaia con esaltazione della forza e mito del superuomo

-          da unità nazionale a fanatismo nazionalistico

 CONFRONTO TRA CORRENTI LETTERARIE

POSITIVISMO

DECADENTISMO

Fiducia nel potere liberatorio della scienza (dalla superstizione, dalla malattia, dalla miseria)

Rifiuto mito della ragione

La scienza garantisce la conoscenza oggettiva e totale della realtà e il dominio su di essa

Coscienza dell’inconoscibilità (corrispondenze arcane tra le cose- slanci di empatia irrazionale- stati abnormi della coscienza come strumenti conoscitivi)

Applicazione del metodo delle scienze naturali in tutti i campi del sapere

Stanchezza spirituale e anticonformismo (antiparlamentarismo)

Negazione della ricerca metafisica

Mancanza di ideali e senso di solitudine

Fiducia in un progresso inarrestabile

Chiusura alla realtà esterna

 

Angoscia esistenziale

 

Abbandono dei sensi e dell’istinto e fuga verso l’ignoto

 

ROMANTICISMO

DECADENTISMO

Slancio entusiastico e vitalistico

Sofferenza, smarrimento, stanchezza

Anelito all’infinita espansione dell’io

Ripiegamento interiore e analisi inerte

Forme di ribellione eroica e titanica e di estremo sacrificio

Inerzia, malattia, languore, presentimento di fine e di sfacelo

Fiducia di poter incidere sulla realtà

Rifiuto di ogni impegno e disinteresse da principi politici, morali o pratici

LA POETICA

¨       il poeta veggente (Rimbaud): egli penetra e interpreta, per simboli, il mistero dell’universo

¨       l’estetismo (culto religioso dell’arte; principio regolatore della vita: il bello)

¨       la poesia pura, priva di intenti pratici e utilitaristici: arte bella, ma inutile

¨       la rivoluzione del linguaggio poetico: non più comunicazione, ma evocazione

¨       il valore suggestivo e magico della parola (Verlaine 1882): l’arte poetica consiste nella ricerca della musica prima di tutto

¨       l’oscurità enigmatica: eliminazione delle categorie di tempo e spazio

¨       la reazione alla cultura di massa

¨       il linguaggio metaforico (cfr. metafora medievale): la fede nella parola abbassa l’angoscia esistenziale a materia conoscibile

¨       il simbolo oscuro e misterioso, allusivo e polisemico

TEMI E MITI DELLA LETTERATURA DECADENTE

¨       ammirazione per le epoche di decadenza (grecità alessandrina, tarda latinità imperiale, età bizantina)

¨       perversione, crudeltà, sensibilità nevrastenica, malattia

¨       morte e vitalismo

¨       amore nelle sue interferenze con la malattia (sadismo, masochismo, voyeurismo)

¨       il maledetto

¨       l’esteta

¨       l’inetto a vivere

¨       la donna fatale

¨       il fanciullino

..     il superuomo

IL DECADENTISMO

Nella seconda metà dell’800 si sviluppa in Francia una corrente culturale destinata ad influire su tutta la letteratura del 900: il Decadentismo. Il termine «decadente» fu inizialmente usato con significato dispregiativo da parte della critica tardo–ottocentesca per identificare una nuova generazione di poeti considerati al di fuori della norma sia nella produzione artistica sia nella pratica di vita.  Il termine fu poi assunto da quegli stessi poeti per indicare la propria diversità nei riguardi del presente e la propria estraneità nei riguardi della società. Teorico del Decadentismo fu il poeta francese Paul Verlaine. I decadenti non si riconoscevano nelle tendenze positivistiche, materialistiche della società borghese. Essi vi si contrappongono attraverso atteggiamenti anticonformisti e anticonvenzionali; e pur consapevoli di essere rifiutati dalla società borghese ne fanno motivo di orgoglio e distinzione rivendicando la loro superiorità. Il decadentismo è considerato un proseguimento in forma più estrema di alcuni temi trattati dal romanticismo come: il sogno, l’immaginazione e la fantasia. Con i romantici, inoltre condividevano tutto ciò legato alla dimensione irrazionale. Il decadente come il romantico vive il contrasto tra ciò che è reale (tangibile), e l’irreale (ciò che è astratto). Questa continua tensione si traduce poi in stati d’animo malinconici, tendenti al vittimismo quindi all’autodistruzione. Tra gli eroi decadenti troviamo la figura dell’inetto, uomo senza volontà afflitto da una malattia interiore che lo rende incapace di vivere. Davanti a lui si aprono quindi due strade: il suicidio e il sogno. Alla tendenza a considerare la malattia, la corruzione e la morte come condizioni di privilegio e di distinzione dalla massa, si contrappone spesso uno sfrenato vitalismo; qui emerge la figura del superuomo, l’individuo votato a imprese eccezionali che s’impegna a realizzare se stesso. Un’altra figura molto importante tra gli eroi decadenti è la figura del dandy, individuo vestito in modo stravagante. I dandies erano gli esponenti della cultura dell’apparenza, dell’estetismo decadente. Precursore del dandismo fu Huysmans, il cui romanzo a ritroso delineava la figura dell’eroe decadente ed era considerato la bibbia del decadentismo.

 

 PRECURSORI OTTOCENTESCHI DEL DECADENTISMO

I precursori ottocenteschi del decadentismo furono in Francia Baudelaire, Rimbaud, Verlaine e Mallarme, iniziatore del Simbolismo; in Inghilterra Oscar Wilde; in Italia Pascoli e D’Annunzio. Maggiore esponente del decadentismo fu Baudelaire, secondo il quale la realtà è quella che si nasconde dietro l’apparenza. L’intuizione, cioè l’inconscio è lo strumento attraverso il quale si può accedere alla realtà oppure vi si poteva accedere anche attraverso i vari stati d’alterazione dell’io come: la nevrosi, la follia, l’allucinazione, l’incubo provocati dall’alcol e dalle droghe. Altro precursore del decadentismo fu Rimbaud, secondo il quale per capire la realtà bisognava abbandonare i sensi e affidarsi all’istinto. Il Decadentismo, a sua volta, darà vita al Simbolismo. Sviluppatosi in Francia nella seconda metà dell’800, il massimo esponente è Mallarme; secondo lui la poesia è un mistero di cui il lettore deve cercare la chiave. In essa acquistano un valore espressivo anche i silenzi, le sospensioni e gli spazi bianchi. Per i simbolisti solo la poesia era lo strumento in grado di cogliere il mistero profondo della realtà.

 

 I PRINCIPI DELLA POETICA DEL DECADENTISMO

I principi della poetica decadente possono essere così riassunti:

  • L’artista è un veggente, colui che va al di là delle sensazioni e delle apparenze che normalmente la società non può percepire;
  • L’artista è un esteta
  • La tecnica espressiva utilizzata è quella della poesia pura e il linguaggio è ricco di metafore, analogie e simboli; la parola diventa pura e astratta, talvolta comprensibile solo per il poeta che la usa; essa ha valore solo per la sua fonicità e la sua musicalità;
  • La sintassi diventa imprecisa;
  • La metrica tradizionale lascia il posto al verso libero.

IL DECADENTISMO IN INGHILTERRA

Già alla metà dell’800 il movimento del Preraffaellismo, fondato dal poeta e pittore Rossetti, aveva anticipato una tendenza all’Estetismo, sostenendo un’arte naturale, semplice e carica di religiosità. Uno dei decadenti inglesi più celebri fu Oscar Wilde. Con i suoi modi raffinati ed eleganti, con il suo comportamento anticonformista fece scandalo nella società perbenista dell’epoca vittoriana.  

 

IL DECADENTISMO IN ITALIA

I principi della poetica di D’Annunzio sono:

  • Dalla tradizione carducciana all’estetismo decadente: nella raccolta giovanile Primo vere il poeta usa le forme metriche «barbare» di Carducci, ma già nelle raccolte successive sono più evidenti i caratteri decadenti, con riferimenti ai temi della sessualità, del peccato e della lussuria;
  • L’aspirazione alla «bontà»: nel poema Paradisiaco i motivi dominanti sono l’amore e un ritorno all’innocenza perduta;
  • L’arrivo a un’ideologia superomistica.

La narrativa ha le sue espressioni più significative nei romanzi di Antonio Fogazzaro. Nelle sue opere sono presenti tendenze sia romantiche, sia realistiche. Di Fogazzaro ricordiamo soprattutto il Piccolo mondo antico. D’Annunzio approda nel decadentismo con il romanzo Il piacere. Il protagonista è un esteta , un perfetto dandy, che ricorda Huysmans.  L’opera successiva, il trionfo della morte segna il passaggio verso i romanzi cosiddetti del superuomo. Anche qui il protagonista è un esteta travagliato da una malattia interiore.  Con il Notturno, diario di guerra scritto durante una lunga convalescenza seguita da un incidente aereo, d’Annunzio conclude le sue prove letterarie nel mito della morte.

temi decadenti della prosa dannunziana sono:

  • La vita intesa come opera d’arte;
  • L’intuizione del rapporto segreto tra l’io e il mondo;
  • L’estetismo e il vitalismo superomistico;
  • Il gusto per il primitivo, l’irrazionale e le passioni primordiali;
  • L’erotismo e la sensualità sfrenata;
  • Il gusto per la decadenza e la corruzione;
  • La malattia interiore.

 

IL TEATRO DECADENTE EUROPEO E ITALIANO

In Inghilterra spiccano le commedie di Oscar Wilde (Il ritratto di Dorian Gray, Un marito ideale; L’importanza di chiamarsi Ernesto)

In Italia il teatro decadente è rappresentato dal teatro d’arte o di poesia di Gabriele D’Annunzio. L’opera di maggior successo fu La figlia di Jorio.

 

 


IL LABORATORIO DELLO STORICO

La stagione del decadentismo può essere compresa fra due eventi simbolici: la Guerra franco-prussiana del 1870, che conclude il processo di formazione dell’impero tedesco e rende possibile, con la conquista della città di Roma (20 settembre 1870), il completamento dell’unificazione italiana, e la Prima guerra mondiale (1914-1918), che, sconvolgendo l’Europa non solo sul piano militare ma anche a livello sociale, politico ed economico, esaurisce un’epoca e apre un periodo nuovo nella storia della civiltà occidentale.

Il mezzo secolo racchiuso tra questi estremi lascia una traccia profonda sulla scena europea: si afferma definitivamente la società industriale, dove l’industria diventa non solo principale fonte di ricchezza e di potenza, ma anche fattore di mutamento nei modi di vita, nella mentalità collettiva, nei comportamenti politici, nelle relazioni fra gli Stati.

Questa fase, tra il 1870 e il 1914, porta con sé numerose conquiste sociali, che segnano tappe di netto progresso nelle generali condizioni di vita. Tuttavia, le conseguenze inevitabili di tale processo sono il capitalismo e l’imperialismo: la società industrializzata, infatti, tende a concentrare la ricchezza e il potere presso ceti sociali e aree geografiche ristretti; inoltre, punta a espandersi in ogni regione d’Europa e del mondo, coinvolgendo e sottomettendo le popolazioni deboli. Gli Stati industrialmente avanzati subordinano così alle proprie esigenze i territori africani e asiatici ancora arretrati, creano domini politici ed economici (le colonie) che, inseriti in un processo di modernizzazione forzata, sono sistematicamente sfruttati.

La diffusione capillare della grande industria plasma il nuovo assetto della società. Tra i ceti dirigenti si afferma la classe borghese, formata da uomini d’affari, dagli imprenditori agricoli e industriali, dai banchieri, dai grandi commercianti. Per ciò che riguarda i ceti popolari, le numerose fabbriche, concentrate nelle maggiori città, creano un ceto proletario e operaio che vive dominato dai ritmi del nuovo lavoro industriale. Da questo squilibri nasce la lotta di classe, teorizzata per la prima volta con il Manifesto del Partito comunista, redatto da Karl Marx e Friedrich Engels e pubblicato nel 1848.

Durante questo periodo lo Stato italiano, prodotto dal Risorgimento, si trova a dover affrontare contraddizioni e conflitti. Il governo è retto fino al 1896 da uomini appartenenti alla Sinistra storica, poi, tra il 1901 e il 1914, da Giovanni Giolitti (1842-1928), che, con un’azione moderata e riformista, cerca di promuovere lo sviluppo industriale tenendo a freno le tensioni sociali.

® Vedi sul libro di storia lo sviluppo della rivoluzione industriale in Italia. Essa permette l’ascesa dei ceti borghesi e delle nuove classi lavoratrici, politicamente rappresentate dai partiti popolari socialista e cattolico (al 1892 risale, infatti, la fondazione del Partito dei lavoratori italiani, poi Partito socialista italiano).

 

® Vedi anche la questione meridionale, che si impose come problema a causa del dislivello economico e culturale tra la parte settentrionale e quella meridionale del Paese e fu aggravata dal fenomeno dell’emigrazione.


LE RIVISTE DEL PRIMO NOVECENTO

 

(IL LEONARDO - HERMES - IL REGNO - LA VOCE)


 

 

La funzione delle riviste nel primo Novecento è quella di essere centri di dibattito e di organizzazione della cultura.

Il Leonardo ha vita breve, dal 1903 al 1907. Il fondatore è Giovanni Papini, ma alla rivista collabora anche Giuseppe Prezzolini. Sostanzialmente, si tratta di una rivista di ispirazione anticlericale, antidemocratica, antisocialista, filo dannunziana.

Hermes nasce nel 1904 per opera di Giuseppe Borgese ed ha due anni di vita. La rivista è totalmente dannunziana ed estende le idee del poeta alla vita politica, facendosi paladina dell’alleanza tra trono e altare e vaticinando per l’Italia nuovi destini e nuova gloria.

Il primo numero di Il Regno esce a Firenze il 29 novembre 1903; ne è fondatore Enrico Corradini, ma vi collaborano Prezzolini, Borgese e altri. La rivista esce irregolarmente ed è violentemente antisocialista, antigiolittiana, antidemocratica. Vuole al potere un’elite borghese che si liberi del parlamento, esalta il culto della nazione, la missione africana come espansione coloniale, la guerra come lezione di energia.

La Voce è indubbiamente la rivista più importante e la sua vita passa attraverso quattro fasi: in una prima fase (1908-1911) il direttore è Giuseppe Prezzolini e vi collaborano i migliori intellettuali italiani, come Gaetano Salvemini, Giovanni Amendola, Benedetto Croce e Giovanni Gentile, Sbarbaro, Rebora, Jahier, Luigi Einaudi, Giustino Fortunato e altri.

Sono uomini diversi tra loro per formazione e ideologia, ma trovano nella rivista una feconda occasione di confronto e di scambio, con l’intento di combattere ogni superficialità e vuota mondanità.

La guerra di Libia mette a nudo i contrasti latenti tra uomini tanto diversi e così cominciamo i dissensi e le defezioni. Ricordiamo quella di Gaetano Salvemini che nel dicembre 1911 fonda L’unità.

Subito dopo, per due anni, Giovanni Papini diviene direttore e accentua il carattere letterario della rivista, accantonando quel rapporto tra cultura e politica che aveva caratterizzato il primo periodo.

Nel 1914 diventa direttore Prezzolini e si crea una sorta di confusione ideologica che determina disorientamento tra gli intellettuali, molti dei quali confluiscono nell’interventismo. Lo stesso Prezzolini andrà poi a dirigere Il popolo d’Italia insieme con Benito Mussolini.

La quarta fase è quella in cui, dal 1914 al 1916, diviene direttore Giuseppe De Robertis e la rivista assume un tono esclusivamente letterario. De Robertis è particolarmente attento ai valori formali della poesia, piuttosto che a quelli politico-sociali. Egli ritiene che il critico debba cogliere nelle opere poetiche quei centri lirici, quei frammenti, quei lampi di poesia dove il poeta pare aver raggiunto la purezza essenziale: è la teorizzazione della poetica del frammento.

 

Ciò significa non interessarsi alla poesia in quanto prodotto di un determinato periodo storico e dei suoi condizionamenti, bensì isolare nella poesia quei brevi ma intensi frammenti in cui sentimento e struttura formale hanno raggiunto il massimo di essenzialità e di intensità significativa. Si giustifica così l’ampio spazio concesso nella rivista ai giovani poeti - Ungaretti, Palazzeschi, Campana - che domineranno la scena poetica di gran parte del Novecento.


L'IMPORTANZA DELLA FILOSOFIA 

FIGURE A CONFRONTO

 

La cultura del decadentismo, incarna la crisi della cultura positivista ottocentesca e si riflette nelle opere di Nietzsche, Bergson e Freud, tre autori diversi fra loro, e tuttavia capaci di anticipare e porre in rilievo le prospettive d’indagine perseguite dai maggiori intellettuali.

Il filosofo tedesco Friedrich Nietzsche, contro le pretese della scienza, difende la pluralità delle interpretazioni possibili di ogni fatto o evento: ai suoi occhi, ogni certezza assoluta è infondata, e nessuna conoscenza può dirsi definitiva, poiché essa vale soltanto come frutto di un tentativo individuale di dare senso al mondo. Le teorie, le dottrine, i valori morali, le fedi religiose sono convenzioni arbitrarie, attraverso le quali l’umanità, nel corso della sua storia, cerca di rintracciare il significato dell’esistenza. Occorre dunque distruggere il sapere costruito nel passato per formulare nuovi valori, sottraendosi alla massificazione e alla mediocrità della società industriale. Di qui nasce, nel pensiero di Nietzsche, il mito del “superuomo”, l’uomo eccezionale che persegue esclusivamente l’affermazione di sé, all’insegna della libertà e della vitalità personale.

® Vedi sul manuale di filosofia la figura di Friederich Nietzsche. Nietzsche nasce nel 1844 in Germania; nel 1872 pubblica la sua prima opera importante, La nascita della tragedia; seguono Umano, troppo umano (1878), Aurora (1881), Gaia scienza (1882). Tra il 1883 e il 1885 scrive il suo capolavoro Così parlò Zarathustra; nel 1886 pubblica Al di là del bene e del male. Muore a Weimar nel 1900.

In Francia la critica alla filosofia scientista e positivista si sviluppa a partire dagli anni settanta dell’Ottocento, rivendicando l’importanza della dimensione spirituale, accanto a quella materiale, nell’interpretazione della natura umana. Di seguito a simili premesse Henri Bergson sviluppa un sistema filosofico che assume al proprio centro il valore decisivo della vita interiore.

® Vedi sul manuale di filosofia la figura di Henri Bergson. Bergson nasce a Parigi nel 1859; i suoi primi libri (Saggio sui dati immediati della coscienza, 1889, e Materia e memoria, 1896) ottengono grande successo. Nel 1900 viene chiamato come professore di filosofia al Collège de France di Parigi; in quell’anno pubblica la raccolta di saggi Il riso. Saggio sul significato del comico; segue il suo libro più importante: L’evoluzione creatrice (1903). Nel 1928 ottiene il premio Nobel; muore a Parigi nel 1941.

Simile tensione fra “esterno” e “interno” è il terreno su cui poggia anche la teoria filosofica e psicologica di Sigmund Freud: essa sancisce la divaricazione tra le regioni esterne e superficiali della vita psichica (controllate e razionali) e le regioni profonde e insondabili, dove si nascondono le pulsioni istintive che dominano la personalità di ogni individuo.

® Vedi sul manuale di filosofia la figura di Sigmund Freud. Freud nasce in Moravia nel 1856; dopo la laurea in medicina, inizia lo studio dell’anatomia cerebrale e delle malattie nervose: illumina così i lati ambigui e misteriosi della vita psichica. La sua opera più importante, L’interpretazione dei sogni, viene pubblicata nel 1899; seguono: Psicopatologia della vita quotidiana (1901), Il motto di spirito (1905), Totem e tabù (1913), Al di là del principio di piacere (1920), Psicologia delle masse e analisi dell’Io (1921). Freud muore nel 1939.

 Da Nietzsche, Bergson e Freud proviene una medesima testimonianza che invita a diffidare delle credenze e degli inganni della ragione, dei valori e dei miti costruiti da ogni società. I tre autori infrangono l’identificazione tra scienza, verità e progresso, peculiare della cultura positivista; inaugurano un atteggiamento di tipo critico, che valorizza le componenti non razionali della speculazione.


L’ARTE TRA IL XIX E XX SECOLO

 

Tra il XIX e il XX secolo, la musica è giudicata una forma privilegiata di espressione, che consente all’arte di sondare e manifestare i contenuti misteriosi e profondi della vita interiore. In tal senso, nella stagione del decadentismo, la ricerca giunge a esiti di altissimo rilievo, da una parte, sul versante ottocentesco, con l’opera di Richard Wagner, e dall’altra, sul versante novecentesco, con la sperimentazione di Gustav Mahler e Claude Debussy. Richard Wagner, in particolare, realizza l’ideale fusione di ogni arte (la musica, la poesia, il teatro, la pittura, il canto, la danza) in un’unica forma rappresentativa (Wort-Ton-Drama, lett. “parola-suono-dramma”), la quale riesce a esprimere la nota dominante del decadentismo ottocentesco: l’anelito all’infinito, allo irraggiungibile, a una dimensione superiore dell’essere, oggetto di speranza e di rimpianto, a cui si affida il riscatto dell’uomo rispetto alle miserie della sua dimensione terrena. Nella medesima direzione, in Germania, procedono Anton Bruckner (1824-1896) e Gustav Mahler (1860-1911), che costruiscono gigantesche architetture sonore, adeguate alle aspirazioni del “superuomo”. Sulle soglie del XX secolo, Claude Debussy (1862-1918) sperimenta invece una scrittura musicale di taglio nuovo, che sottopone all’ascoltatore non prolungate melodie ma istantanee, ambigue e raffinatissime immagini musicali dotate di significato simbolico.

In campo artistico, nell’età del decadentismo, la scena europea è dominata da quattro correnti principali: l’impressionismo (con le varianti del puntinismo, del divisionismo), il simbolismo, l’Art Nouveau (o Liberty), l’espressionismo. L’impressionismo è un movimento pittorico di origine francese, che raggiunge il suo momento di maggiore intensità e ricchezza tra il 1865 e il 1885, in concomitanza con alcune mostre collettive che ne decretano il successo a livello internazionale. I pittori impressionisti mirano a ritrarre sulla tela il modo con cui le impressioni provenienti dal mondo esterno si fissano nello sguardo di chi osserva: in tal maniera essi aspirano a cogliere le oscillanti mutazioni della luce, le impressioni luminose che sfuggono all’obiettivo fotografico.

® Vedi sul manuale di arte l'opera di Edouard Manet (1832-1883), Claude Monet (1840-1926), Alfred Sisley (1839-1899), Camille Pissarro (1830-1903), Pierre-Auguste Renoir (1841-1919), e, in una posizione di forte originalità, Paul Cézanne (1839-1906). In particolare di Cézanne, si vedano i Giocatori di carte del 1890-1892 (Parigi, Musée d’Orsay) e La montagna di Sainte-Victoire del 1905 (Zurigo, Kunsthaus).

Il simbolismo pittorico si afferma a partire dal 1890; esso è antinaturalistico e antirealistico, poiché cerca di comunicare in forme sensibili (figurative) i contenuti ideali della dimensione interiore, le intuizioni invisibili.

® Vedi, sul manuale di storia dell’arte, l’opera di Paul Gauguin (1848-1903), Odilon Redon (1840-1916), Félicien Rops (1833-1898) e Gustave Moreau (1826-1898). Gauguin, in particolare, crea nei suoi quadri le immagini di un mondo alternativo a quello reale, ricavandone gli stimoli ora dal fondo della propria coscienza, ora a contatto con la sensibilità rude e schietta dei contadini, delle popolazioni primitive.

Con il termine di Art Nouveau o Liberty si è soliti indicare una corrente artistica sviluppatasi in Europa tra la fine del XIX e il principio del XX secolo. Essa si esprime prevalentemente attraverso uno stile floreale che conduce alla ricerca di soluzioni molto raffinate ed eleganti, come appare nelle opere di Aubrey Beardsley (1872-1898), Ferdinand Hodler (1853-1918) e Gustav Klimt (1862-1918).

Con violenti e deformanti accostamenti cromatici, l’espressionismo punta a esprimere il dramma interiore dell’uomo moderno, la crisi della coscienza contemporanea che, vittima di una società oppressiva, non riesce più a scorgere il senso dell’esistere: in questa maniera Vincent Van Gogh (1853-1890) e Edvard Munch (1865-1944) interpretano i temi dell’ansietà e dell’inquietudine sondati, all’inizio del Novecento, anche dalla letteratura narrativa europea.

 

® Vedi in particolare le tele dipinte da Van Gogh negli ultimi anni di vita (1888-1890): dalla Notte stellata (1889) al Campo di grano con corvi (1890); eloquenti, inoltre, Il grido (1893) e la Madonna (1894) di Munch, conservati al Munch-Museet di Oslo.