"Bisogna fare della propria vita come si fa un'opera d'arte. Bisogna che la vita d'un uomo d'intelletto sia opera di lui. La superiorità vera è tutta qui."

 

Gabriele D'Annunzio, a volte scritto d'Annunzio, nome con cui usava firmarsi, dal 1924 Principe di Montenevoso, è stato uno scrittore, poeta, drammaturgo, militare, politico e giornalista italiano

Data di nascita12 marzo 1863, Pescara

Data di morte1 marzo 1938, Gardone Riviera –BS-

Luogo di sepolturaVittoriale degli italiani, Gardone Riviera

FigliRenata D'AnnunzioGabriellino D'AnnunzioUgo Veniero D'AnnunzioMario D'Annunzio

 

GenitoriFrancesco Paolo RapagnettaLuisa de Benedictis

 

PERCORSO BIOGRAFICO 

 

Il poeta e patriota italiano Gabriele D'Annunzio è stato uno degli ultimi grandi rappresentanti del Decadentismo italiano. Nel rapporto con il particolare ambiente culturale e mondano di Roma, cominciò a forgiare il suo stile raffinato e comunicativo, la sua visione del mondo e il nucleo centrale della sua poetica. Dopo vari spostamenti e un periodo in Francia, D'Annunzio tornò in Italia nel 1915, per divenire un partecipante attivo della Grande Guerra; fu infatti aviatore e perse la vista da un occhio dopo un brutto atterraggio. Le tendenze di destra di D'Annunzio lo resero simpatico al regime fascista, che nel 1924 gli conferì il titolo di Principe di Montenevoso. Il governo gli diede anche una villa sul Lago di Garda, dove rimase fino alla sua morte, avvenuta il 1 marzo 1938.

 


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PERCORSO SINTETICO SUI TEMI DANNUNZIANI
Gabriele D’Annunzio nella sua vasta produzione si è dedicato a molteplici generi: poesia lirica, poesia epica, romanzo, novelle, teatro, scritti di critica, cronaca giornalistica, prosa d'arte e questa variegata prolificità mostra la sua grande apertura mentale, verso i più svariati campi. Egli sa, infatti, combinare modelli antichi e moderni contraffacendoli secondo le proprie strategie.
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CORREVA L'ANNO

Correva l'anno ripropone attraverso il repertorio dell'epoca e i materiali d'archivio la figura di Gabriele D'Annunzio: il vate, l'esteta, il raffinato intellettuale, il seduttore insaziabile. Una biografia a tutto tondo del letterato abruzzese, precursore dei tempi, audace provocatore sempre sopra le righe, sempre amante degli eccessi. Un racconto che va dagli anni romani, gli anni del piacere, all'esilio parigino, consumato tra bordelli e raffinati circoli intellettuali, all'esperienza sul campo di battaglia durante la prima guerra mondiale. Poi l'Impresa di Fiume, quando Gabriele D'Annunzio guidò un gruppo di circa 2.600 ribelli del Regio Esercito - i Granatieri di Sardegna - da Ronchi, presso Monfalcone, a Fiume, città della quale D'Annunzio proclamò l'annessione al Regno d'Italia il 12 settembre 1919.  Osteggiato dal governo italiano, D'Annunzio tentò di resistere alle pressioni che gli giungevano dall'Italia. Nel frattempo, l'approvazione del Trattato di Rapallo, il 12 novembre 1920, trasformò Fiume in uno stato indipendente. D'Annunzio proclamò la Reggenza Italiana del Carnaro. Il 24 dicembre 1920 l'esercito italiano procedette con la forza allo sgombero dei legionari fiumani dalla città. Filippo Tommaso Marinetti, durante il periodo della sua presenza a Fiume nel settembre 1919, definì gli autori dell'impresa disertori in avanti.Modello, ma anche spina nel fianco di Mussolini, D'Annunzio già un anno prima della marcia su Roma si ritira nella sua villa al Vittoriale e da lì osserverà l'ascesa del Duce, con disincantato distacco dalla politica italiana. Finirà i suoi giorni di esilio volontario nella sua casa-museo, ultima residenza di un principe decadente, oramai solo nutrito dai ricordi del tempo che fu.


BREVE STORIA DEL VITTORIALE DEGLI ITALIANI


Il Vittoriale degli Italiani – così Gabriele d’Annunzio definì la Casa-Museo che l’avrebbe ospitato negli ultimi anni della sua vita - occupa un terreno molto vasto di nove ettari in cui si trova un complesso di edifici, tra cui la Cittadella, il Museo della Guerra, gli Archivi, le Biblioteche e il Teatro, piazze, viali e fontane, nel comune di Gardone Riviera, in provincia di Brescia. 
Si affaccia sul lago di Garda, rappresentando non semplicemente una dimora, ma un vero e proprio museo in cui sono contenute reliquie, ricordi, cimeli e tracce del ‘vivere inimitabile’ del poeta-vate: dedicato all’Italia e donato agli Italiani, viene dichiarato monumento nazionale nel 1925. 
Reduce dall’impresa di Fiume, d’Annunzio è alla ricerca di una dimora defilata; scrive a De Ambris, suo compagno nell’impresa fiumana: « Sono avido di silenzio dopo tanto rumore, e di pace dopo tanta guerra ». 
La scelta cade dunque sulla villa di Cargnacco, sulla costa del lago di Garda: immersa nel verde, su un colle terrazzato, tra un uliveto e una limonaia, è di proprietà di Heinrich Thode, illustre tedesco studioso d’arte che, espropriato in base al decreto del 1918 sui danni di guerra, è costretto ad abbandonare la sua residenza italiana. Oltre alla villa, con i rustici annessi, d’Annunzio entra in possesso anche dei circa seimila volumi della sua biblioteca, mobili – tra cui un pianoforte - quadri e suppellettili.

 Hic manebimus optime (« Qui starò ottimamente ») afferma il poeta che, stipulato il contratto d’affitto, fa il suo ingresso nella villa il 14 febbraio 1921. 
L’intenzione iniziale è quella di un breve soggiorno, necessario a trovare la concentrazione per la composizione del Notturno, ma, poco dopo, si delinea il proposito di acquistare la villa: d’Annunzio, dall’indole irrequieta e itinerante, non ha mai abitato una casa di proprietà, si rende dunque conto dell’esigenza di avere un luogo dove conservare i resti dei suoi naufragi. 
Il 31 ottobre 1921, per la somma di 130.000 lire – ottenute grazie a un prestito bancario -, entra in possesso della casa, dei beni mobili custoditi all’interno e di due ettari di terreno. Successivamente acquisterà anche i terreni limitrofi, costituendo una vera e propria cittadella fortificata.
L’aspetto della sua nuova residenza stride fortemente con il lusso e le stravaganze tanto cari all’eccentrico poeta: la villa del Cargnacco è una semplice casa di campagna, che bisogna stodeschizzare e che ha necessità di interventi di manutenzione. Dapprima soprannominata Eremo, in seguito prenderà il nome che conserva tuttora di Prioria, rimanendo sempre il corpo centrale della residenza anche quando saranno costruiti i corpi di fabbrica aggiuntivi.
Nei giardini della Prioria, d’Annunzio allestisce, in un boschetto di magnolie, un luogo per le riunioni con i legionari: scanni in pietra in circolo, un trono e tra i fusti degli alberi diciassette colonne simboleggianti le vittorie della guerra. Il poeta lo battezza con il nome di ‘Vittoriale’ ma, ben presto, nei primi mesi del 1923 - parallelamente all’accorgersi della sua sconfitta politica - il luogo di raduno muta il suo nome in Arengo.

 Vittoriale degli Italiani - il cui nome allude al ‘Vittoriano’, l’altare della Patria dedicato a Vittorio Emanuele II – sarà chiamato, per estensione, l’intero complesso. 


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LA POETICA

La poetica e la poesia del D’Annunzio sono l’espressione più appariscente del Decadentismo italiano. Dei poeti decadenti europei egli accoglie modi e forme, senza però approfondirne l’intima problematica, ma usandoli come elementi decorativi della sua arte fastosa e composita. Aderisce soprattutto alla tendenza irrazionalistica e al misticismo estetico del Decadentismo, collegandoli alla propria ispirazione narrativa, naturalistica e sensuale. Egli rigetta la ragione come strumento di conoscenza ,per abbandonarsi alle suggestioni del senso e dell’istinto; spesso vede nell’erotismo e nella sensualità il mezzo per attingere la vita profonda e segreta dell’io. Cerca una fusione dei sensi e dell’animo con le forze della vita, accogliendo in sé e rivivendo l’esistenza molteplice della natura, con piena adesione fisica, prima ancora che spirituale. E’ questo il “panismo dannunziano”, quel sentimento di unione con il tutto, che ritroviamo nelle poesie più belle di D’Annunzio, in cui riesce ad aderire con tutti i sensi e con tutta la sua vitalità alla natura, vi si immerge e vi si confonde. La poesia diviene quindi scoperta intuitiva; la parola del poeta, modulata in un verso privo di ogni significato logico, ridotta a pura musica evocativa, coglie quest’armonia e la esprime continuando e completando l’opera della natura. La sua vocazione poetica si muta poi in esibizionismo e la poesia vuol diventare atto vitale supremo, estremamente individualistica e irrazionale. Alla base del pensiero dannunziano è possibile riscontrare , oltre al citato Panismo due componenti : Estetismo e Superomismo che si manifestano con l’esaltazione del primitivo, dell’erotismo o quella sfrenata del proprio io.

 L’ESTETISMO

L’estetismo in lui è il culto del bello: vivere la propria vita come se fosse un’opera d’arte, o al contrario vivere l’arte come fosse vita. Quest’atteggiamento, preso dal Decadentismo francese, corrisponde alla personalità del poeta : l’esteta che si limita a realizzare l’arte, ricercando sempre la bellezza; ogni suo gesto deve distinguersi dalla normalità, dalle masse. Di conseguenza vengono meno i principi sociali e morali che legano al contrario gli altri uomini. Il superuomo assomiglia all’esteta, ma si distingue per il suo desiderio di agire ,considera la civiltà un dono dei pochi ai tanti e per questo motivo si vuole elevare al di sopra della massa.

Definito da B. Croce "dilettante di sensazioni", D'Annunzio interpreta da un punto di vista superomista il gusto decadente e intende il poeta come soggetto inimitabile. L'arte è attività suprema, fortemente soggettiva ed esaltante. "Il Piacere" è considerato dalla critica la vera e propria "bibbia" del decadentismo estetico italiano. Tuttavia, considerando la dimensione che assunse il simbolismo-decadentismo in Europa, dobbiamo considerare l'originalità, se non l'eccezionalità, di un tale autore. Andrea Sperelli, il protagonista, è un personaggio autobiografico, poiché è l'incarnazione di quello che l'autore avrebbe voluto essere. Esteta fino all'eccesso, Andrea Sperelli (alias di D'Annunzio) vive da uomo fuori dal comune perché eccezionalmente dotato e raffinato. Nel romanzo il poeta ricerca la bellezza in una donna affascinante e sfuggente, espressione di ciò che può ammaliare un esteta.

  IL SUPEROMISMO

Il mito del superuomo costituisce l’impronta dominante dell’opera , della vita stessa di D’Annunzio. Concezione che riprende dal filosofo tedesco Nietzsche, di cui però trascura la profondità filosofica che mira a proporre una dimensione umana che vada oltre l’immiserimento storico dell’uomo. Per D’annunzio infatti il superomismo si traduce soprattutto in eccentricità ed affermazione dell’individuo sulla massa. C’è nel poeta il desiderio di imporsi, di agire e ciò spesso sconfina in megalomania riscontrabile già nel poeta adolescente . D’Annunzio, avendo rifiutato di porsi una problematica del vivere, si proietta in una vita attiva e combattiva. Il suo vitalismo si rivela in due sensi: come insofferenza di una vita comune e normale e come vagheggiamento della "bella morte eroica" . In lui il superuomo trova la sua perfetta identificazione con l'artista : non è tanto la vita a tenere dietro l'arte, ma l'arte a seguire le eccentricità della vita e questo costò al poeta un'accusa di superficialità.


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LA SABBIA DEL TEMPO
La lirica fa parte dei Madrigali dell’estate, una sezione della raccolta poetica
Alcyone (1903)
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LA PIOGGIA NEL PINETO
La lirica, pubblicata nel 1903, appartiene alla sezione centrale di Alcyone, dedicata
all’estate.
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