LA SECONDA RIVOLUZIONE INDUSTRIALE


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In questo documento, troverete come ha preso avvio l'industrializzazione tra XIX e XX sec
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PROBLEMI DELL’ITALIA POST – UNITARIA

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 I problemi dell’Italia dopo il 1861 sono:

  1. unificazione delle diverse regioni che avevano unità di misura diverse, economie impostate su regole diverse e su diverse attività (agricole, artigiane, commerciali…) Ogni regione aveva i suoi problemi e le sue aspettative. Non si parlava italiano ma i dialetti locali e ogni regione aveva la propria cultura.
  2. Come amministrare uno stato così?

Due sono le proposte:

-          accentramento amministrativo, cioè lo stato centrale nomina gli amministratori che applicano leggi e decisioni elaborate dal governo centrale. Tali amministratori difficilmente erano locali.

-          Decentramento ossia offrire la più ampia autonomia locale in modo che amministratori locali potessero scegliere soluzioni in base alle necessità effettive.

Si opterà per la prima ritenendola un mezzo migliore per creare unità in uno stato da sempre diviso.

  1. mancano industrie, strade, ferrovie e infrastrutture in genere comprese scuole e ospedali
  2. manca una legge comune: si deciderà di estendere a tutto lo stato lo Statuto piemontese
  3. era altissimo il tasso di analfabetismo: solo 5 milioni di italiani su 22 sapevano leggere e scrivere. Al sud l’analfabetismo è del 90 %.
  4. il diritto di voto era riservato a coloro che possedevano un certo censo (ossia che avevano una determinata rendita annuale): essendo molto basso il tenore di vita, il numero degli elettori era basso. Solo nel 1882 si avrà l’introduzione di un altro criterio che determina il diritto a votare: chi aveva frequentato due anni di scuola elementare e aveva più di 21 anni poteva avere il diritto di voto. Il suffragio universale maschile si dichiara nel 1912. Le donne voteranno per la prima volta in Italia nel referendum per decidere tra repubblica e monarchia nel 1946 (in Inghilterra nel 1918).
  5. Si doveva formare l’esercito nazionale, novità assoluta per il sud. La coscrizione era obbligatoria per 3 anni. Questa fu vissuta soprattutto dai contadini some un’enorme violenza perché i figli maschi, fondamentali per il lavoro, erano sottratti alla famiglia proprio nel pieno della loro maturità e a lungo.
  6. Questione meridionale: è l’insieme dei problemi legati al Meridione d’Italia. Nel 1863 fu ordinato dal Parlamento uno studio sulle condizioni del sud, molto più arretrato nei confronti delle regioni amministrate nel passato dagli Austriaci che avevano formato una classe dirigente, avevano fornito infrastrutture, creato una qualche forma di industria. Queste le principali osservazioni:

-          i contadini erano nullatenenti, assunti in base al bisogno e pagati in genere con prodotti della terra

-          la terra è dei baroni latifondisti che ne trascurano la coltivazione

-          ignoranza di massa

-          il sistema paternalistico dei Borboni non costruiva infrastrutture soprattutto sanitarie e scolastiche né vie di comunicazioni ma le tasse erano minime, non c’era l’obbligo del servizio militare, c’erano regalie una tantum

-          tale situazione favorisce il BRIGANTAGGIO, ossia la vita clandestina e l’attività criminale. Erano di solito i contadini più scaltri che si ribellavano alle condizioni di vita o ragazzi che fuggivano alla leva. Questi briganti avevano l’appoggio della popolazione contadina per le loro azioni contro lo stato o contro i baroni. I briganti erano finanziati dalla famiglia dei Borboni in esilio a Roma (NB: non siamo ancora nel 1870 e non c’è stata la breccia di Porta Pia). Lo stato ignorò l’analisi delle cause del malessere e decise per la repressione violenta anche con l’esercito. Contro i briganti si combatte dal 1862 al 1865 con il risultato di estirpare gran parte del fenomeno e rendere clandestino il rimanente. Un grave errore dello stato è stato di aver promesso di distribuire la terra ai contadini espropriandola ai latifondisti e di non aver mantenuto la promessa perdendo credibilità e fiducia.

9.      Ci sono gravissimi problemi di bilancio: lo stato italiano neonato è poverissimo e ha un’infinità di debiti. Il pareggio del bilancio si avrà solo nel 1875 a prezzo di grandi sacrifici da parte di tutti.

 

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 LE FASI AMMINISTRATIVE PRIMA DELLA GRANDE GUERRA

Le fasi amministrative prima della 1^ guerra mondiale sono principalmente due: dal 1861 al 1875 e dal 1875 al 1914.

La classe politica italiana era divisa tra Destra e Sinistra ma di fatto le differenze erano minime dato che tutti i politici provenivano dalla stessa classe sociale (la borghesia) e avevano la stessa cultura.

            In genere sono persone integre, con un forte senso dello stato ma la loro estrazione sociale non li rende sensibili ai problemi delle classi sociali più umili.

 

La prima fase è guidata dalla Destra Storica che si concentra sui problemi di politica estera (conquista del Veneto e del Friuli, conquista di Roma), di economia (pareggio del bilancio anche con soluzioni antipopolari come la tassa sul macinato che gravava sui contadini oppure vende i beni demaniali o quelli confiscati alla chiesa…ma solo i baroni hanno i soldi per acquistarli per cui il latifondo si allarga), sul problema del brigantaggio. Si manifesta poco sensibile ai problemi sociali e culturali..

 

Dal 1870 al 1880 si manifesta una profonda crisi socio-economica:

-          aumentano le esigenze della classe operaia che aumenta di numero e manca di ogni diritto politico

-          crisi economica per l’introduzione sul mercato internazionale dei cereali russi

-          aumento della meccanizzazione del con aumento della disoccupazione tra i braccianti e i piccoli artigiani

Ci sono rivolte contadine soffocate nel sangue.

 

Nel 1876 sale al potere la Sinistra Storica:

-          introduce un certo decentramento amministrativo con l’elezione del sindaco da parte dei cittadini

-          rende l’istruzione obbligatoria, gratuita e laica fino alla terza elementare. Il problema è che non mette a punto misure di punizione per i trasgressori: sono molti infatti i genitori che ritengono l’istruzione secondaria rispetto al lavoro

-          estende il diritto di voto introducendo il criterio dell’istruzione a fianco di quello della ricchezza

-          firma nel 1882 la Triplice Alleanza con Austria e Germania, patto che verrà rinnovato nel 1887 e non verrà rispettato nel 1915 in occasione della Guerra Mondiale

-          inizia un maggiore investimento nelle spese militari

 

Gli ultimi anni dell’Ottocento sono caratterizzati dalle prime grandi lotte degli operai che fondano partiti socialisti in tutta Europa per reclamare i loro diritti: questo mette in difficoltà gli stati che devono scegliere tra la repressione e il dialogo.

In Italia la tolleranza è praticamente nulla e i capi di governo non sanno gestire la tensione. La crisi culmina con la strage del generale Bava Beccaris che, a Milano, fa sparare sulla folla dei manifestanti e viene premiato dal re con una medaglia. Nel 1900 l’anarchico Gaetano Bresci uccide in un attentato le stesso sovrano. L’abilità politica e tollerante di Giovanni Giolitti, al governo dal 1905 al 1914, permette di superare in modo non violento la crisi perché concede ampio margine di protesta e sciopero ai manifestanti.

 

In più il clima internazionale si esaspera: gli stati europei puntano

-          sulla concorrenza reciproca e contemporaneamente sulla protezione dei loro prodotti creando tensioni economiche

-          sul prestigio internazionale e sul nazionalismo ossia sulla considerazione della propria nazione come superiore alle altre

-          sull’imperialismo cioè sulla conquista coloniale e sulla potenza militare

Si diffondono in questo periodo pericolose teorie razziste basate su una pseudoscienza secondo la quale ci sono razze biologicamente inferiori ad altre. Si diffonde in tuta Europa l’antisemitismo che da religioso o economico si fa biologico creando i presupposti culturali che porteranno alla Shoah.

 


PER APPROFONDIRE: DOCUMENTI A CONFRONTO

I PROBLEMI DELL’ITALIA DOPO L’UNITA’

1)    SITUAZIONE ECONOMICA E SOCIALE

Al momento dell’unificazione, l’Italia era un paese povero ed arretrato. In tutto il regno le strade erano poche ed in cattive condizioni, le ferrovie, là dove c’ erano, si fermavano ai confini dei vecchi stati senza allacciarsi ad altri tronchi ferroviari, mancavano le scuole e ben 78 Italiani maschi su 100 non sapevano né leggere né scrivere. La percentuale saliva al 90% per le donne e nelle regioni meridionali. L’ economia era molto arretrata specialmente al sud : il reddito degli Italiani, era meno di un terzo di quello dei Francesi ed un quarto di quello degli Inglesi. L’ industria era poco sviluppata rispetto agli altri paesi europei, era presente solo in Lombardia, Piemonte e Liguria, mentre nel resto dell’Italia era quasi assente. L’agricoltura, che era l’ attività prevalente, presentava nelle varie zone dell’Italia, livelli di sviluppo diversi. Al nord stavano nascendo aziende agricole moderne per opera di abili imprenditori che investivano nell’agricoltura i loro capitali. Al sud invece erano prevalenti i latifondi, grandi estensioni di terreno agricolo concentrato nelle mani di pochi e ricchi proprietari che vivevano in città e non si curavano di migliorare, con nuovi investimenti, la produzione delle loro terre. La maggioranza degli abitanti delle campagne erano braccianti privi di terra o contadini proprietari di piccoli poderi. Erano tutti molto poveri e vivevano in condizioni di incredibile miseria.

 

2)    CONDIZIONI IGIENICHE E SANITARIE

Le abitazioni malsane, la mancanza di acqua potabile e la scarsa igiene portavano alla diffusione di molte malattie contagiose come il colera e di altre come il tifo, la malaria provocata dalla puntura delle zanzare nelle zone paludose, la pellagra dovuta alla mancanza di vitamine, poiché la popolazione mangiava quasi solo alimenti a base di farina di granoturco come la polenta. Di conseguenza la mortalità era molto alta, specialmente quella infantile che era la più alta in Europa, mentre la durata media della vita era di meno di 40 anni.

 

3)    IL BILANCIO DELLO STATO ( = entrate ed uscite dei soldi dello Stato )

 Il Regno d’Italia nasceva con gravi difficoltà di bilancio. Il nuovo Stato aveva ereditato i debiti dei vecchi stati ed inoltre il Piemonte aveva avuto forti spese a causa delle guerre fatte per l’ unità dell’ Italia. : di conseguenza le spese erano più alte delle entrate e questo provocò un forte deficit ( debito ) Per questo motivo fu necessario far pagare tasse spesso più alte di quelle dei vecchi stati. Questo provocò il malcontento dei cittadini più poveri, ai quali non molto importava dell’unità dell’Italia. La situazione diventò ancora più grave perché i liberali moderati che erano al governo, dimostrando scarsa sensibilità per le condizioni delle classi più povere, scelgono le imposte indirette ( quelle applicate sui prodotti che pagano tutti quando li acquistano, indipendentemente dal reddito ) invece delle imposte dirette ( quelle che ogni cittadino paga a seconda del reddito, cioè della ricchezza che possiede ) Tra queste tasse la più odiata fu la tassa sul macinato, cioè sui cereali che venivano macinati nei mulini. Questa tassa, così come in generale tutte le imposte indirette, danneggiò soprattutto le classi più povere in particolare al Sud, per le quali pane e polenta erano gli alimenti principali.

 

4)    IL SERVIZIO MILITARE OBBLIGATORIO

Poiché bisognava creare un forte esercito fu esteso a tutta Italia il servizio militare obbligatorio che durava alcuni anni. Si trattava di un provvedimento necessario che però fu subito impopolare, soprattutto al sud, perché il giovane chiamato alle armi, per qualche tempo non lavorava e la sua assenza rendeva ancora più misere le condizioni di molte famiglie di contadini. Il danno fu così grave che molti genitori preferivano far registrare i figli maschi come femmine, per sottrarli al servizio di leva.

 

5)    IL BRIGANTAGGIO

Le tasse, in particolare quella sul macinato e la leva obbligatoria aggravarono la disperazione dei contadini meridionali, che avevano sperato di ottenere dal nuovo stato la distribuzione delle terre dei latifondi. Fra il 1861 e il 1865 la loro delusione esplose nella forma violenta del brigantaggio. Il brigantaggio era un fenomeno dalle origini antiche, in cui si esprimeva la protesta delle classi più povere contro i potenti che le opprimevano. Molti giovani che non trovavano lavoro, quelli che volevano evitare il servizio militare, i poveracci che non avevano soldi per le tasse si davano alla macchia, ( cioè abbandonavano i paesi per vivere nei boschi e sulle montagne ) e diventavano briganti. Tra questi c’erano anche molti soldati borbonici rimasti fedeli all’ex-re Francesco II. Questi, dal suo esilio di Roma, inviava ai ribelli armi e denaro, sperando così di riconquistare il trono. Organizzati in bande, i briganti scendevano dai loro rifugi sulle montagne e rubavano, saccheggiavano, ammazzavano, seminando il terrore. C’erano con loro anche delle donne che a volte prendevano parte ai combattimenti. I contadini li sopportavano e spesso li proteggevano perché ai loro occhi il brigante era un alleato contro la prepotenza dei signori, un vendicatore dei torti subiti, addirittura un eroe. II regno d’Italia, che si era formato da poco, non poteva sopportare la ribellione di metà del suo territorio né gli intrighi dei Borboni. Il nuovo Stato considerò il brigantaggio come un movimento contrario all’unità dell’Italia. Non seppe capire che le vere cause erano invece la miseria, la fame, il disperato bisogno di terra dei contadini e non fece nemmeno il tentativo di eliminare queste cause, migliorando le loro condizioni di vita. Lo Stato si limitò ad inviare l’esercito per reprimere la rivolta. Il brigantaggio fu stroncato, ma a prezzo di un’ aspra lotta fratricida ( = tra fratelli, tra italiani ) che durò cinque anni, vide molte crudeltà e provocò molti morti. Bastano alcuni dati : furono fucilati più di 1000 briganti, circa 2500 morirono in combattimento. Circa 3000 furono imprigionati. Anche i soldati uccisi furono moltissimi. Tutto questo aggravò il distacco tra uno Stato aristocratico, insensibile alle esigenze dei cittadini più poveri e le classi sociali inferiori e provocò l’ostilità di queste nei riguardi di uno Stato sentito come nemico. Questo favorirà poi la nascita di una organizzazione criminale come la mafia che si sostituirà allo Stato ed attraverso minacce, assassini, vendette spietate costringerà la massa dei contadini ad accettare salari da fame e durissime condizioni di lavoro, mentre ai commercianti ed ai proprietari di terre e di industrie sarà imposto in cambio di protezione e sicurezza il pagamento del pizzo ( = tangente in denaro ). I proprietari delle terre che temevano la riforma agraria più di ogni altra cosa, si servivano della mafia per bloccare le rivolte dei contadini. Anche durante le elezioni la mafia riusciva ad ottenere l’elezione di candidati a lei favorevoli, terrorizzando gli elettori con minacce ed atti di violenza. Come si può ben capire la mafia ostacolò pesantemente lo sviluppo delle regioni meridionali e, controllando tutte le attività economiche, gli appalti (gare per l’assegnazione dei lavori pubblici ) e le elezioni, divenne una potenza economica e politica. A lei si rivolgeva chi cercava lavoro, ma in cambio doveva poi essere disposto anche a commettere omicidi per conto della mafia.


APPRENDIAMO  CURIOSANDO......








La prima moneta  commemorativa dell’Unita’ 


d’Italia: le 5 lire Firenze marzo 1861

Lo scudo in argento da 5 lire battuto a Firenze nel marzo del 1861 costituisce notoriamente la prima moneta commemorativa del Regno d’Italia, ovvero la prima nella serie delle coniazioni del Regno che nella legenda del diritto celebra Vittorio Emanuele II come “Re d’Italia”. In occasione della seduta del 17 marzo di quel fatidico anno, infatti, il Parlamento italiano riunito aveva solennemente conferito a Vittorio Emanuele, dopo discussioni protrattesi per mesi, il titolo di “Re d’Italia”, che andava a sostituirsi a quello di “Re di Sardegna”; la legenda del nostro scudo, recependo con incredibile tempestività il nuovo titolo assegnato al sovrano, intendeva quindi commemorare la proclamazione del neonato Regno.



Breve percorso sulle capitali del Regno d'Italia.

La capitale d'Italia non è sempre stata Roma. Dal 17 marzo del 1861, giorno della proclamazione del Regno d'Italia, ad oggi, la capitale è cambiata più volte. Alla guida del Paese si sono succedute nel tempo cinque diverse città.

La prima in ordine cronologico è stata Torino, già capitale del Regno di Sardegna, proclamata capitale del nuovo Stato nonostante già il 17 marzo 1861 fosse stata indicata Roma come "capitale morale". Roma e buona parte del Lazio infatti costituivano ancora lo Stato della Chiesa, sotto la sovranità papale e la protezione delle truppe francesi di Napoleone III.

L'Italia, per ottenere il ritiro delle truppe francesi dallo Stato Pontificio, il 15 settembre 1864 stipulò con la Francia la Convenzione di settembre, nella quale si impegnava a non invadere Roma e a proteggere il Papa in caso di attacchi esterni. In cambio, la Francia chiese di proclamare una nuova capitale d'Italia per dimostrare la fine dell'interesse verso Roma. Venne scelta Firenze, che fu capitale del Regno d'Italia a partire dal 1865.

Il 1º settembre del 1870, Napoleone III fu sconfitto e imprigionato dai prussiani a Sedan e in Francia venne proclamata la Terza Repubblica. In questo modo caddero i vincoli imposti dalla Convenzione di settembre e le truppe italiane partirono alla conquista di Roma, culminata con la famosa Breccia di Porta Pia del 20 settembre 1870. Pochi mesi dopo, il 1º luglio 1871, Roma venne proclamata capitale d'Italia.

Da allora ci furono due brevi periodi nei quali la capitale fu trasferita altrove, entrambi durante la Seconda Guerra Mondiale. Tra il settembre 1943 e il febbraio 1944, dopo l'armistizio con gli Alleati e la fuga di Vittorio Emanuele III da Roma, la città di Brindisi offrì rifugio all'intera dinastia Savoia e ai vertici militari diventando a tutti gli effetti capitale d'Italia. Dal febbraio 1944 e fino alla liberazione di Roma (inizio giugno 1944) la capitale fu invece Salerno, dove si trasferirono la famiglia reale e il governo, dopo lo sbarco degli Alleati.

E' curioso notare che la città di Roma ha ottenuto il riconoscimento costituzionale dello status di capitale soltanto nel 2001 con la riforma del Titolo V della Costituzione italiana.


ORA TOCCA A TE......

 LEGGI CON ATTENZIONE I TESTI PROPOSTI, SINTETIZZALI REALIZZANDO UNO SCHEMA DI LAVORO, UNA MAPPA, UN PERCORSO, ECC. 


L'ETA' GIOLITTIANA. Ascolta con attenzione il video proposto e sintetizza l'appreso.