IL PRIMO DOPOGUERRA

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Dal 1919 al 1929

Trasformazione sociale

Il primo conflitto mondiale agì come acceleratore dei fenomeni sociali, perché mancandoci la maggior parte della manodopera maschile, le donne ed i giovani(che non avevano ancora l’età di leva) cominciarono a lavorare nelle fabbriche e sempre più nei campi. Questo nuovo stile di vita faceva venir meno la struttura tradizionale della famiglia patriarcale: le donne si resero sempre più indipendenti dagli uomini ed i figli dai padri. Si andò incontro ad una sempre maggior emancipazione femminile: Inghilterra, Germania, Stati Uniti, poco dopo la fine del conflitto, introdussero per primi il diritto di voto alle donne(in successione 1918-1919-1920).

 

Per quanto riguarda l'Italia il percorso che portò all'estensione del voto alle donne cominciò solo all'indomani dell'unificazione, avvenuta nel 1861. E se i primi movimenti di emancipazione si collocano nei primi anni del 1900 è solo all'indomani del secondo conflitto mondiale che, con il decreto legislativo del 10 marzo 1946 il consiglio dei ministri estese il voto anche alle donne che avessero compiuto la maggiore età (all'epoca 21 anni).

 

In Italia le donne votarono per la prima volta nel corso delle elezioni amministrative del marzo e aprile 1946 e, successivamente, per il celebre referendum monarchia/repubblica (2 giugno 1946).

 

 

 

Conseguenze economiche

 

Dissesto finanziario e inflazione

Per far fronte alle enormi spese di guerra, i governi furono costretti ad aumentare le tasse e non solo: molti, ad esempio, fecero appello al patriottismo dei risparmiatori; l’unica conseguenza fu l’allargamento del debito pubblico. Non solo, i paesi in guerra contrassero debiti anche con i paesi alleati, primi fra tutti gli Stati Uniti, i quali dalla Prima Guerra mondiale trassero dei profitti: furono gli unici a non risentire della crisi economica. Comunque né le tasse né i debiti, furono sufficienti a sostenere la guerra, così i governi provvidero a quest’esigenza stampando carta moneta in eccesso, andando contro ad un’inflazione mai vista in Occidente. Infatti i Paesi come la Francia. l’Italia, la Germania e l’Inghilterra, videro aumentare i prezzi e ci fu uno sconvolgimento sociale.

 

 

Nazionalismo economico e protezionismo

Oltre all’inflazione i governi dovettero far fronte anche al passaggio da un’economia di guerra ad una di pace; ma la mancanza sul mercato, per quattro anni, dei Paesi europei aveva fatto si che altri Stati emergessero. Stati Uniti e Giappone aumentarono le loro esportazioni, Argentina, Brasile, Australia, Canada e Sud Africa si resero più indipendenti dal vecchio continente grazie ad una propria produzione industriale. Gran Bretagna e Francia persero molti dei loro partner commerciali. Anzi che andare verso una piena libertà di mercato, auspicata da Wilson, si tornò ad un nazionalismo e ad un protezionismo doganale per i nuovi Stati.

 

Dal 1920 al 1922

Il sostegno dello Stato

All’interno di ogni singolo paese  fu impossibile riuscire a ristabilizzare un’economia di mercato.  Grazie al sostegno dello Stato , che mise dazi protettivi che servivano a far aumentare la richiesta del cittadino di un dato prodotto, il quale importato da un altro Paese risultava più caro grazie al dazio, si riuscì a mantenere in alcuni casi, ad aumentare il livello produttivo delle industrie. Ma questa stabilità durò solo due anni e fu seguita da una crisi depressiva. La ripresa si ebbe intorno al 1925, coincidente con la provvisoria riparazione tedesca.

 

 

Biennio rosso in Europa

Dal 1918 al 1920

Lotte operaie

Tra il 1918 e il 1920  le masse operaie furono le protagoniste di un grande fermento politico-sociale: i partiti socialisti ebbero più iscritti e i lavoratori organizzati in sindacati, grazie alle loro agitazioni, riuscirono a far diminuire le ore di lavoro degli operai ad 8 ore giornaliere a parità di salario. Sul modello dei soviet russi, si formarono dappertutto consigli operai, che si proponevano come rappresentanti diretti del proletariato e come un nuovo organo della futura società socialista .

 

dal 1919 al 1920

Divisioni del movimento operaio

L’ondata rossa del 1919-1920 fu di intensità diversa a seconda del Paese. Gli Stati vincitori: Francia e Gran Bretagna,riuscirono a dominare il movimento operaio; mentre in Germania, Austria e Ungheria, le tensioni sociali e la sconfitta misero le basi per una sommossa operaia subito stroncata.

 

 

Rivoluzione e reazione

1919

Socialisti al governo in Germania

La rottura fra socialdemocrazia e comunismo era segnata dalla proclamazione della Repubblica in Germania, ma anche dalle vicende russe. Infatti già alla firma dell’ armistizio la Germania si trovava in una situazione rivoluzionaria: il potere legale lo tenevano tutto i socialisti, ovvero il Consiglio comunale del popolo, mentre in città il potere era ne Consigli operai e dei soldati.

 

 

La costituzione di Weimar

Il 19 Gennaio 1919 si tennero le elezioni per l’Assemblea Costituente. Il partito socialdemocratico si affermò come il più forte , ma non raggiunse la maggioranza assoluta; si dovette così alleare con i cattolici per esercitare il potere e potè proclamare la <Costituzione di Weimar>, fra le più democratiche ed avanzate d’Europa. Tra le leggi infatti era inserito il diritto al voto a suffragio universale maschile e femminile. Però nelle elezioni del ’20 la SPD ricevette una forte sconfitta e dovette cedere il potere ai cattolici di centro.

 

 

Germania: crisi  e tentativi di rinascita

Dal 1921 al 1923

Frammentazione dei gruppi politici

La Repubblica di Weimar  fu un esempio di democrazia parlamentare aperta ed avanzata, anche se molte erano le insidie la minavano. La più evidente era la frammentazione dei gruppi politici: la socialdemocrazia era l’unica che poteva aspirare al potere grazie al consenso delle masse operaie. I ceti medi si riconoscevano in parte nel centro cattolico o nella destra moderata.

 

 

La questione delle riparazioni

132 miliardi di marchi erano stati imposti alla Germania. I ruppi dell’estrema destra misero in atto un’offensiva terroristica contro il governo repubblicano, accusandolo di essersi piegato al volere dei vincitori. Così i Governi tra il 191 e il 1923 si impegnarono a pagare le prime rate, ma per non rendersi più impopolari, cominciarono a stampare carta moneta andando incontro all’inflazione.

 

 

I problemi del dopoguerra in Italia

 

Fermenti e crisi

L’Italia nel dopoguerra era alle prese con tutti quei problemi che caratterizzavano anche il resto d’Europa, solo in forma più grave perché in Italia non c’era una forte struttura economica e politica. Davanti a questi fermenti di massa, la classe dirigente liberale non riuscì a dominare questo fenomeno, mentre emersero le forze socialiste e cattoliche, che inquadravano larghe masse.

 

 

Partito popolare partito socialista

Furono i cattolici a portare il primo importante fattore di novità con la formazione del Partito Popolare italiano nel 1919 con Don Luigi Sturzo come capo. Un’altra novità fu la crescita degli iscritti al Partito Socialista divisi in due correnti: la corrente di sinistra massimalista e riformista.

 

 

La questione adriatica

Grazie alla guerra che aveva portato alla frammentazione  dell’ Impero Asburgico, l’Italia riuscì a raggiungere tutti i suoi confini naturali e, la scomparsa del nemico alla frontiera.Questo però portò altri problemi, perché il patto di Londra consegnava all’Italia la Dalmazia, ma non la città di Fiume, così quando la delegazione italiana capeggiata da Orlando e Sonnino, andò a Versailles e chiese l’annessione della città, suscitò solo opposizioni tra gli alleati. Quando Orlando e Sonnino rientrarono in patria, il popolo italiano era sceso in piazza e quando un mese dopo tornarono a Parigi e tornarono  senza successo, il governo Orlando cadde e diventò presidente Francesco Saverio Nitti. Nel 1919 però alcuni reparti ribelli e qualche volontario, si riunirono sotto il comando di D’ Annunzio e occuparono Fiume proclamandola annessa all’Italia.

 

  

Biennio rosso in Italia

Dal 1919 al 1920

Scioperi e agitazioni

Tra il 1919 e il 1920 l’Italia attraversò un momento di agitazioni sociali, questo perché i prezzi aumentarono del 30% l’anno e ciò comportò tumulti verso il caro viveri. Si può dunque capire che iniziarono gli scioperi dei lavoratori/operai ed anche degli agricoltori che tra l’estate e l’autunno del ’19, cominciarono ad occupare terre e latifondi incolti. Ciò portò a quasi un rovesciamento della struttura tradizionale della società.

 

 

Ritorno del governo Giolitti

Dalle elezioni del ’19 che si tennero col metodo della rappresentanze proporzionali con scrutinio di lista, il governo Nitti ne uscì indebolito e durò fino al 1920. Fu allora richiamato Giolitti, il quale ottenne il più importante risultato in politica estera, firmando nel 1920 il Trattato di Rapallo con la Jugoslavia: dove l’Italia si teneva Trieste, Gorizia e l’Istria mentre la Jugoslavia otteneva la Dalmazia, tranne la città di Zara che apparteneva all’Italia. Fiume fu dichiarata città libera fino al 1924, quando fu annessa all’Italia. Più impegnativa fu la politica interna, perché si vide lo sciopero degli operai metalmeccanici della FIOM contro gli industriali che gli avevano negato alcune richieste. Tutto si risolse con la concessione delle richieste, con Giolitti che premeva contro gli industriali. Questo atteggiamento venne subito letto dai borghesi come una debolezza del Governo. Questo portò alla formazione del Partito Comunista il 21 Gennaio del 1921 su posizioni allineate dell’Internazionale comunista guidata da Lenin.